Un conto è camminare e poi tornare a casa, un altro è un cammino di diverse tappe, che è un viaggio, vero e proprio. Vero, perché del viaggio ha tutte le caratteristiche di stacco, di tuffo in una realtà altra e lontana. E proprio, perché come o forse più che con mezzi di trasporto, il viaggio a piedi è una esperienza interiore, si viaggia molto anche dentro se stessi.

Come dicevo all’inizio, ci si porta tutto. Lo zaino pesa, nonostante sia ridotto all’osso, dopo un po’ le spalle fanno male. Dopo un altro po’ il corpo si è abituato. Poi pesa di nuovo. Insomma è una metafora perfetta della responsabilità, sarebbe bello viaggiare per la vita completamente scarichi ma non è possibile, l’essenziale bisogna faticarselo.

In cammino il contatto con il corpo è diretto, immediato. E bisogna imparare ad ascoltarlo e anche un po’ no, perché il corpo brontola, manda segnali e segnalini di disagio, a stargli dietro si rischia che si prende tutto lo spazio, ho male qui, lì, ho sete, son stanca, eccetera, e va beh, dai.

In cammino il contatto con il pensiero è forte, si va lenti e c’è il tempo per riflettere. E bisogna approfittarne, di questo tempo di pensiero, e anche un po’ no, perché si rischia che pensieri spiccioli, avrà risposto alla mail il tale, quando torno devo fare la spesa, quanti contanti mi sono rimasti, eccetera, si rischia che si prendano tutto lo spazio. Va beh pensare, ma qualcosa di più libero e significativo, se viene, se no, silenzio. 

In cammino c’è un altro tipo di contatto facile e immediato, quello con il luogo e con il qui e ora. Si osserva, l’attenzione serve accesa perché bisogna seguire la traccia, ci si immerge nel paesaggio, dal panorama al dettaglio, si sta dentro al momento. Coi compagni si parla a tratti, spesso si tace insieme.

In cammino siamo piccoli, provvisori. Dipendiamo dai piedi, dal segno bianco e rosso sul sasso, dalla fontana e dal nostro coraggioso buonumore. Viene meno l’onnipotenza autostradale, internettiana (sì, la rete c’è ma insomma, a tratti), viene meno l’accesso a tutto subito. Ogni respiro, sorso, boccone e passo conta. Che meraviglia, basta partire per ritrovare una dimensione che altrimenti sembra sparita dalle nostre vite accelerate e nevrotiche. 

E infatti in cammino ci può essere un momento felice, in cui corpo, pensiero e luogo sono armonici, il piede, l’occhio, il cuore e la testa vanno insieme. Tutto è fluido, il ritmo è giusto per il terreno e la pendenza, il fiato regge, all’interno c’è ampiezza di calma. Assomiglia un po’ alla meditazione secondo me. Il momento a volte dura qualche ora, e in quel caso è un dono prezioso.

 

Il peso importante, il corpo, il pensiero, il luogo e il fluire. Questi spazi che apre il cammino bisogna trovare la maniera di riportarseli a casa. Non solo come ricordo, ma come possibilità da riprodurre in altri modi, per stare bene nel quotidiano. Bisogna trovare le maniere per riportarli nella vita e soprattutto nel lavoro, per percorrerlo come un viaggio e non solo come un dovere.

Che poi è l’augurio che faccio a me stessa per questo autunno che viene, e a te che hai letto sin qui. Con affetto, buona strada.