Il Cammino dei Briganti vale la pena farlo soprattutto per le persone. In effetti, la disponibilità che ho riscontrato è insolita. Non che io viva in una metropoli o in mezzo ad asociali, ma quella cordialità non è così diffusa dalle mie parti, la differenza l’ho notata, e si vede che aveva colpito anche tutti quelli che me ne avevano parlato. E poi col covid ci siamo abituati a schivare i nostri simili, invece che ad accoglierli. 

Dopo un po’ comunque, mi è venuto da pensare com’erano, queste persone che incontravo lungo il cammino, a parte che erano tutte gentili. E ho cominciato a notare altre cose.

La maggior parte erano, sono, anziani. Capelli bianchi, mani torte, passo legnoso per quanto abituato alle salite. Stanno seduti sulla soglia di casa, fermi in piazza, si radunano al bar. Parlano, ma non mi pare che discutano, fan conversazione. Non lavorano, o chi lavora non è lì, a parte qualche muratore, un paio col trattore, la barista e la signora del B&B. Aziende intorno non se ne vedono, ad eccezione di qualche piccola impresa agricola. Ma cosa fanno, tutto il giorno, quelli che stanno qui, vien da chiedersi.

Ci sono adulti in giro, ma pochi. Ci sono bambini, ma piccoli, sono accuditi dalle nonne e non vanno al nido, almeno. Adolescenti e giovani giusto qualcuno, nei centri più grandi. Non si vedono stranieri, uno o due. Soprattutto non ci sono gli ex stranieri, quelli nati in Italia o arrivati talmente tanto tempo fa che ormai sono nostrani.

Al mio sguardo passante, la comunità di questi luoghi è diversa da quella in cui vivo io. È più semplice, stretta. Si conoscono tutti, si salutano per nome. Forse ancora deve arrivare l’impatto con altre culture, religioni, nomi difficili da pronunciare e patti di convivenza da stabilire. Un processo lungo, da me non ancora concluso e qui, mi sembra, ancora da cominciare.