Lo capisco. Qualcosa, un fenomeno non ben identificabile, ti porta via il mercato, il lavoro, le sicurezze e persino quello che credevi di sapere, di aver capito del tuo settore. Cambiamenti rapidi che ci mandano in rovina.
Non mi piace chi scrive sui muri ma capisco chi urla per la disperazione.
Solo che i cambiamenti che viviamo come rapidi, spesso non lo sono. C’era modo di cogliere i segnali molto tempo prima e magari anche di prepararsi. Invece i segnali li ignoriamo fino a quando non siamo costretti ad aprire gli occhi.
Non perché siamo persone stupide o pigre, o quanto meno non in maggioranza. È che abbiamo paura di guardare la nuova realtà, che non vogliamo e non ci piace.
Passare da una posizione sicura, anche se non comoda, anche se ce ne siamo lamentati a lungo, ma sicura, all’incertezza del cambiamento è dura.
Guardiamo un attimo indietro, comunque. Sono talmente tanti gli esempi di interi settori spazzati via, aziende importanti, mercati di punta dieci o venti anni fa che non esistono più. E dove sono andate a finire quelle persone?
Per quanto ne sappiamo, la quasi totalità ha attraversato le avversità del cambiamento e ha trovato nuovi sbocchi. Quasi tutti. Perché insieme alla paura, la disper-azione porta il coraggio e l’energia per attivarsi e agire. L’importante è che queste meravigliose capacità non vadano sprecate nel lottare contro un cambiamento già avvenuto e irreversibile. L’importante è aprire gli occhi e andare a cercare un presente possibile.
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