I prossimi dieci anni saranno gli ultimi intensi del mio percorso lavorativo, penso, spero, dopo vedrò il più possibile di rallentare. Non sono una futurologa, né di solito sto molto a pensare a quel che verrà, ma in questa parte dell’anno mi succede di guardare avanti, ovviamente. Non sono in grado di interpretare dinamiche economiche o sociali, religiose, politiche o culturali, tanto meno tecnologiche. Qualche spunto su aziende, lavoro e persone, invece, può darsi che sia buono. Un po’ immaginazione, un po’ ragionamento su qualche trend e un po’ auspicio, ecco quello che mi è venuto.
Tra dieci anni la generazione dei miei genitori (incredibile ma ancora qualcuno che lavora c’è) sarà definitivamente andata in pensione, e da un po’ di tempo. La mia generazione e quel che c’è in mezzo tra le due sarà andata o lì che va, finalmente si sarà sbloccato lo stallo creato dalle riforme previdenziali. Chi vuole scendere dalla giostra potrà farlo, diminuiranno le persone che occupano posti perché costrette, quindi senza motivazione né slancio.
La generazione di mio figlio, e quel che ci sta in mezzo, starà cercando in qualche maniera un percorso. Saranno in forte ritardo rispetto al passato, avranno trascorso anni di start and stop, in mezzo a cinismo, amarezza e confusione.
Dalla destabilizzazione uscirà probabilmente anche qualcosa di buono, ad esempio la necessità di farsi valere che niente ti è dovuto, la capacità di fare rete, più flessibilità mentale e professionale.
Ci saranno comunque molte lotte per i luoghi di potere. Chi li occupa non vorrà mollarli, ma sarà probabilmente superato, farà da tappo. Chi dovrebbe occuparli, per età e capacità, avrà relativamente poca esperienza (e poco accesso agli indispensabili capitali). Insomma, saremo ancora a metà del guado, che forse è il luogo dove stiamo più spesso. Avremo ancora una classe dirigente scadente, ne sono certa temo, manager, dirigenti, imprenditori, rettori, primari e direttori sanitari, ministri ed amministratori locali, qui non mi pare di vedere grosse possibilità. Avremo ancora un dislivello tra il ruolo e le capacità della persona che lo ricopre, avremo ancora un deficit di visione, leadership e umanità. Con alcune belle eccezioni.
Poiché in dieci anni i grandi mali del nostro paese non saranno sconfitti, ok l’immaginazione ma non la fantascienza, avremo ancora corruzione, clientelismo, criminalità organizzata e sprechi inimmaginabili, di conseguenza anche il lavoro ne risentirà, come è stato negli ultimi decenni.
On the bright side, che probabilmente parleremo tutti un po’ più inglese, saremo una società ed un mercato del lavoro più multietnico ed internazionale, e chissà, finalmente avremo mediamente imparato a comunicare in maniera assertiva, a lavorare in team e per progetti, con meno pregiudizi e barriere verso chi è diverso. Avremo meno rigidità di inquadramento e mansione, l’informatica e le tecnologie in generale ci avranno aiutato ancora un po’ di più a liberarci dalla fatica fisica e avranno snellito burocrazie e tempi morti.
Sarà più diffusa una sensibilità vera verso ciò che è ecologico e sostenibile, intendo l’ambiente in generale e gli ambienti di lavoro, ci saranno ancora ovviamente conflitti e scadenze massacranti, ma sarà più chiaro a molti come governare queste dinamiche per non farsene schiacciare, come invece abbiamo fatto noi delle generazioni precedenti.Ci saranno ancora più donne dove non ce le aspettiamo, sebbene per una reale parità professionale bisognerà aspettare ben più di dieci anni, temo. Ci saranno non per una reale equità, ma perché le donne studiano di più, fanno meno figli più tardi, sono più longeve degli uomini e non di rado sono più motivate al lavoro rispetto al passato. E questo sarà un bene, con diverse eccezioni.
Ci saranno tante storie da raccontare, di come il paese ha vissuto un cambiamento e una crisi mai viste prima e di come ne è uscito, più o meno malconcio ma vivo. Il ghiaccio del decennio scorso sarà rotto, anche se non sciolto del tutto.
E io avrò forse finito di fare corsi sull’okness, finalmente tutti sapranno cos’è o l’impareranno dai colleghi più esperti. Dovrò meno spiegare come si fa a parlarsi chiaramente ma con tatto, sarà già chiaro ai più come essere costruttivi. Chi lavora saprà come affrontare i cambiamenti godendosi il viaggio, non solo il traguardo, con meno bisogno di corsi o counseling. E appunto io potrò lavorare meno, e godermi il mio, di viaggi, con più agio. Tra dieci anni. Per ora, buon 2017.
Le foto di questo articolo le ho scattate per la maggio parte ieri, 1 gennaio, tra il Passo della Croce Arcana e il Lago Scaffaiolo, sull’Appennino modenese. Auspicabilmente, tra dieci anni saranno ancora lì, belli come sempre.
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