Chi di noi è genitore (e comunque siamo tutti figli) sa quanto è lunga la strada dalla fragilità che abbiamo tenuto tra le mani quando il nostro bambino era appena nato, fino all’adulto che è o sarà.
C’è una autonomia di movimento, all’inizio ti stringe il dito, apre e chiude gli occhi e la bocca, poco altro.
C’è una autonomia di linguaggio e di pensiero, dal primo lallalla fino a un discorso compiuto, evoluto. Che va di pari passo con lo sguardo sul mondo e la progressiva capacità di interpretarlo, almeno in parte.
C’è una indipendenza operativa, dal portarsi un cucchiaio alla bocca fino al saper guidare l’auto, utilizzare strumenti complessi. C’è una intera autoorganizzazione del quotidiano, e di vita. C’è l’indipendenza economica. Ad un certo punto un figlio va a votare, si innamora, si scontra, studia, prende decisioni, lavora, trasloca, viaggia, … oppure no, affronta, si tira indietro, si butta, si chiude, si fa avanti, si fa del male, e via così.
Ogni lunga strada è la costruzione e rielaborazione di una personalità, di una identità unica, è un insieme di successi e fallimenti di ogni tipo e dimensione, un passo dietro l’altro per diventare ciò che si è (realizzare un potenziale diremmo con un linguaggio manageriale).
Nella lunga strada verso l’autonomia, ad un certo punto, sono i genitori che hanno da imparare questa lezione. Dopo molti anni di presenza assidua, di intervento indispensabile che richiede tempo e dedizione e investimento di sé, hanno da imparare a farne a meno, hanno da allenarsi a non sentire troppo la mancanza, del figlio e del proprio ruolo di cura e di guida. Quelli bravi, imparano a separarsi senza amarezza, e diventano loro autonomi. Una svolta dopo l’altra, imparano il distacco allegro, il contatto intermittente e profondo, la presenza di secondo piano. Si accorgono che ci può essere un legame lo stesso fortissimo. Finché, ad un certo punto magari saranno loro, i genitori, incapaci di indipendenza e chiederanno aiuto ai figli.
Far crescere una persona sul lavoro, guidarla verso l’autonomia e la piena realizzazione del suo potenziale, è una lunga strada che ha molto in comune con quella genitoriale. Ha molto a che vedere, a mio parere, con una evoluzione di chi guida, oltre che di chi è guidato, e con la capacità, rara mi pare, di non diventare nel tempo involontari ostacoli al compimento del viaggio. Con le dovute differenze, s’intende, non si tratta di figli, sebbene un certo legame ci avviene di stringerlo, se ci prendiamo cura di qualcuno. Se vorreste delegare meglio, vi serve una profonda consapevolezza di voi stessi e una spinta all’autonomia, propria.
E il viaggio, lo sappiamo, conta più della meta.
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