Scrivevo di sofferenza anche qualche settimana fa, son tempi così. In questi giorni, tante persone mi parlano di quanto è difficile vedere gli altri soffrire, essere testimoni di quella difficoltà e non poter risolverla.
Può darsi che ci siano situazioni in cui godiamo della sofferenza degli altri, per esempio se abbiamo subito un torto da quelle persone, ma non mi sembrano casi così frequenti. Più che altro la sofferenza di un altro ci fa star male, a volte quanto o più della nostra. O ci lascia indifferenti, ma in genere è qualcuno di molto lontano da noi.
Soprattutto se amiamo qualcuno, o qualcosa, è difficile stargli accanto mentre soffre. Un partner, un amico. Persino i colleghi e i clienti, se non riusciamo a dare loro quello di cui hanno bisogno, a volte non è amore per le persone in senso stretto, può essere ad esempio amore per il nostro lavoro. È difficile star lì a vedere quel dolore o quella difficoltà ed essere impotenti, vorremmo aiutare, vorremmo prendere su di noi quell’avversità e toglierla all’altro.
Prima assoluta nella classifica delle atrocità, almeno per quanto mi riguarda, è la sofferenza di un figlio. Quando ci ritroviamo genitori senza la possibilità di alleviarla è durissima e in quel momento trasmettiamo soprattutto la nostra angoscia. O disperazione, senso di colpa, rammarico o avvilimento. Ma non è quello che serve. Adesso che assistiamo, senza vere e proprie possibilità di intervento, alla sofferenza di una intera generazione di figli, rischiamo di trasmettere solo quello che non serve, né a loro né a noi stessi.
Ci serve ricercare la fiducia che il futuro si potrà aggiustare e ancora di più la fiducia nella nostra e loro capacità di far fronte, o quella che va di moda chiamare resilienza. Abbiamo capacità di adattamento, abbiamo grandi risorse personali e riusciremo a saltarci fuori, non intatti ma comunque capaci di star meglio.
Oltre a questo, ci serve ricercare soluzioni creative subito. Inventarci qualcosa ogni giorno, dargli un valore anche se piccolo, per cambiare discorso, aprire uno spiraglio, costruire qualcosa, agire e non essere solo impotenti. Quando ci riusciamo, certo è durissima l’ho detto, ma quando ci riusciamo, a inventare qualcosa di nuovo e di bello o utile, di fattibile ora anche se non risolutivo, fa bene a noi e agli altri che soffrono accanto a noi.

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