Alla ricerca del difficile equilibrio retributivo
Giacomo è un uomo che dimostra più della sua età. Forse sono gli occhiali, che gli ingrandiscono le pupille e gli danno un’aria un po’ stralunata. È il protagonista di una crescita spettacolare, conosco la sua azienda da anni e l’ha trasformata da piccola attività locale a… colosso.
Senta, mi dice, la nostra forza sta prima di tutto nel gruppo dei soci. Da quando siamo partiti, io e i miei fratelli non abbiamo mai considerato la nostra azienda solo nostra. Ogni volta che un dipendente si distingueva l’abbiamo fatto entrare nella società, è il modo migliore per tenere qui chi vale. Solo che adesso siamo dieci soci. Dieci teste, dieci animi. E mentre fino ad ora abbiamo preso tutti lo stesso stipendio, per principio, adesso non regge più. Abbiamo bisogno di qualcuno che obiettivamente ci dica chi deve prendere di più e chi di meno, in base a criteri corretti e senza personalismi.
Bene, gli dico, una situazione spinosa in una bella azienda… il mio pane. Quando cominciamo?
Individuare pesi e parametri
E così abbiamo strutturato i parametri attraverso cui valutare il peso di ciascun socio, non dal punto di vista azionario – quello era pacifico – ma dal punto di vista organizzativo. Se immaginiamo l’azienda come una spedizione, ciascuno si carica sulle spalle uno zaino e via, fa la sua parte. Ma se gli zaini non pesano tutti uguali è giusto riconoscerlo. I pesi non si misurano in chilogrammi, ma in fatturato, margini, decisioni, persone gestite, innovazioni, progetti portati in porto, eccetera.
Ho intervistato ciascun socio, insieme abbiamo fatto una approfondita ricognizione della posizione che ricopriva e del contributo fornito. A ciascuno ho proposto una valutazione, concordandola in base a una serie di griglie. Una volta rielaborato il tutto, ho trasformato i differenziali di peso ed ecco chi guadagnava di più rispetto al peso sopportato, chi di meno e chi in linea.
Valutare chi guadagna troppo, chi troppo poco e chi è in linea
Quando ci siamo ritrovati, i dieci soci ed io, per vedere i risultati… non si preannunciava una riunione semplice. Quella sera avevano finito di lavorare, probabilmente cenato in fretta ed erano tornati in azienda per sentire l’esito della mia indagine e magari ritrovarsi penalizzati. Giacomo mi guardava con la solita aria stralunata, un po’ di preoccupazione ce l’aveva, e l’avevo anche io. Ma di una cosa ero tranquilla, io realmente non ero dalla parte di nessuno, se non dell’azienda, per me loro erano tutti clienti e basta. Non avevo legami di parentela o amicizia, solo la mia reputazione professionale da conservare.
E la riunione andò bene, non fu nemmeno un incontro conflittuale. Rivedemmo insieme i parametri, i metodi di calcolo, ragionammo a mente aperta sui differenziali di “peso degli zaini” e di euro. Alla fine Massimo, quello che sarebbe rimasto con lo stipendio più basso, mi disse che era contento, il metodo era valido e lui ci teneva a prendere quello che meritava, niente di più e niente di meno.
E ci fu un seguito
E poi ci fu un seguito. A distanza di alcuni anni Giacomo mi chiese di aggiornare la valutazione, sono cambiate diverse cose, mi disse, i ruoli e i pesi non sono più gli stessi. E dopo una nuova accurata indagine saltò fuori che alcuni dei soci giovani si erano caricati di maggiore responsabilità e che i soci anziani si erano un po’ scaricati, i pesi erano più equilibrati e il carico meglio distribuito. Con soddisfazione di tutti era il momento di ridurre le differenze retributive. E Massimo concluse la riunione dicendo che il metodo era sempre valido, ma la prossima volta chiamava un altro consulente, visto che migliorava di stipendio ma restava sempre il socio con la retribuzione inferiore… l’incontro finì tra le risate.
Quelle due serate mi sono rimaste nel cuore, ve l’immaginate, e sono contenta di raccontarlo qui.