Cucire. Dal latino cum (con) suere (legare), legare insieme. Passare un filo, una cordella, uno spago. Per mezzo di un ago, un punteruolo. E unire due parti, lembi, attaccare pezzi al fine di creare un nuovo oggetto, abiti, calzature, eccetera.
Alcuni di noi sanno cucire, sono sarti, sono confezionatori. Sanno creare collegamenti tra le persone, sanno mettere insieme pezzi di organizzazione, parti di lavoro, specializzazioni. Hanno una idea complessiva. Per cucire bisogna utilizzare oggetti appuntiti, pungere, forare. E bisogna avere una visione armonica, altrimenti è un frankenstein. Ebbene alcuni di noi sanno farlo, vogliono farlo. Hanno maturato le capacità per dare un senso ai pezzi, che restano tali ma singolarmente hanno meno utilità. Che ce ne facciamo di una manica? Alcuni vedono la camicia, e si adoperano per realizzarla. Scelgono il filo, abbinano i colori.
Altri, va beh, lo sappiamo, sono più intenti a separare. Mettono distinguo, mettono confini. O zizzanie. Che possono anche essere appropriati, in certe circostanze. Ma insomma, alla fine secondo me serve chiedersi: so cucire? Sto più dalla parte di chi unisce o da quella di chi divide?
E un’altra buona domanda può essere: se c’è stato uno strappo so ricucire? Certo, dipende. Ma anche quando decidiamo di dare un taglio, sottolineo decidiamo, lasciarsi senza uno strappo può essere un buon obiettivo.
Grazie a tutti i cucitori e le cucitrici, che quando serve si adoperano per mettere insieme i pezzi e ricucire le parti. Che sanno pungere, ma per collegare.

La foto l’ho scattata ieri, in una piccola bottega ai margini del centro della mia città. Dentro una signora che sebbene stupita della mia richiesta (Posso fare una foto alle sue spagnolette?) gentilmente mi ha lasciato fare. Lei intanto cuciva 🙂
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