La parola senso applicata al lavoro in generale e al dirigere in particolare ci porta a una bella ricchezza di riflessioni, ecco quelle a cui pensavo ieri.

I significati principali del termine senso sono cinque:
- la capacità di stare in contatto col mondo attraverso i cinque sensi e gli organi di senso, a cui si aggiunge il cosiddetto sesto senso;
- la consapevolezza di sé, di quello che si prova a livello fisico ed emozionale (un senso di vuoto, ad esempio);
- la capacità di discernere, il reale dall’irreale, il giusto dallo sbagliato, il bello dal brutto eccetera (come avere senso estetico o senso pratico, il buon senso);
- il significato, dare un senso alle cose, al contrario di ciò che è assurdo, inutile, è un nonsenso;
- la direzione, il senso di marcia, il verso.
Allora chi dirige (dal mega boss al responsabile di micro gruppo di lavoro, e chi si occupa di risorse umane, va senza dire) ha cinque importanti direttrici di lavoro per favorire produttività ed efficienza nel proprio ambito lavorativo. Di seguito le segnalo velocemente, se no… dovrei scrivere un libro!
Sì, perché quando tutti e cinque gli ambiti sono sviluppati, l’esito è più motivazione, più produttività, ovvero la missione stessa del dirigere. Vediamolo in uno schema e qualche paragrafo di descrizione:
1. La possibilità di utilizzare i cinque sensi è favorita naturalmente in alcuni tipi di ruolo o settore, ci sono mestieri basati su questo. In altri invece i cinque sensi vengono coinvolti poco, o se ne usa solo uno (tanto per fare un esempio, un disegnatore che passa la giornata al CAD impiega la vista… e basta). In questo caso, chi dirige può ricercare modi per ampliare le possibilità di utilizzare i sensi lasciati in secondo piano, favorendo così la soddisfazione, il senso di pienezza ed il gusto per il lavoro. Infatti più siamo coinvolti più sentiamo che il nostro è un lavoro che ci stimola, per cui vale la pena di impegnarsi. (Per tornare all’esempio del disegnato, potremmo farlo partecipare alle fasi di collaudo di ciò che ha disegnato e invitarlo ad utilizzare l’udito, o il tatto, per dire).
Poi chi dirige può impegnarsi per sollecitare l’uso del sesto senso, inteso come sensibilità, intuito. Qui gli esempi si sprecano, la sensibilità verso i clienti, verso i colleghi, nel cogliere o anticipare emozioni, nella comunicazione scritta, eccetera, eccetera.
2. La consapevolezza di sé, di quello che si prova a livello fisico ed emozionale è, in generale, molto scarsa. Le persone si ascoltano poco, spesso non sanno dire se sono stanche, innervosite, impaurite… e quando ciò che sentono diventa comportamento e reagiscono, vengono prese alla sprovvista, non si accorgono in tempo utile e non si governano. Chi dirige può iniziare da se stesso, basta fermarsi un attimo e cogliere i segnali. E poi può insegnarlo, col dialogo, ai suoi collaboratori. Ci sono molti ruoli in cui questa capacità è centrale, nelle reti di vendita ad esempio, o chi negozia, chi è sottoposto a pressioni e urgenze, lavora in assistenza, sui reclami, eccetera. In questo modo si migliora l’equilibrio individuale e del team e la motivazione resta più a lungo nel tempo. Oltre a evitare qualche incresciosa situazione.
3. Chi dirige ha la responsabilità di chiarire e ribadire i parametri di valutazione, gli standard di riferimento che il gruppo deve interiorizzare e seguire. La capacità di discernere il reale dall’irreale, il giusto dallo sbagliato, il bello dal brutto eccetera, secondo uno schema di coordinate valido nella nostra azienda, altrimenti ognuno va per la sua strada e ritiene giusto… quel che gli pare. Che significa senso estetico, qui da noi, o senso pratico, quali sono i nostri parametri di buon senso: se chi dirige lavora per chiarire e diffondere questi elementi favorisce la coerenza, la visione di insieme e la giustizia all’interno dell’organizzazione, e questo non può che aiutare chi ci lavora.
4. Probabilmente questo è il significato che vedo disatteso più spesso, su cui c’è ancora molto da fare: dare un senso alle cose, al contrario di ciò che è assurdo, inutile, è un nonsenso. In tante aziende le persone mi dicono “faccio cose senza senso”, “mi fanno fare cose assurde”. Noi umani abbiamo bisogno di lavorare per uno scopo valido, non ci basta portare a casa lo stipendio (e quando ce lo facciamo bastare… diamo il minimo, o il peggio di noi stessi, di certo non il meglio). Le cose sembrano a volte assurde, soprattutto se il punto di vista di chi le osserva è limitato, è parziale. Se chi dirige investe tempo non per giustificarsi, ma per evidenziare che le motivazioni ci sono, se facciamo così, se abbiamo preso questa decisione, non è perché siamo pazzi, ma per questa ragione. Poi chi ascolta può anche non essere d’accordo, certo, ma non può dire che lavoriamo senza senso. È un investimento importante per costruire clima e motivazione, soprattutto nei momenti di maggiore difficoltà e per favorire un approccio adulto, radicato nella realtà. Un conto infatti è come dovrebbero essere le cose, un altro è come in effetti sono, e saperne tener conto.
5. Chi dirige può/deve impegnarsi a chiarire la direzione, il senso di marcia, non a caso è insito nel termine stesso, dirigere. Quando le persone non sanno dove si sta andando rallentano il passo, si fermano o vanno da un’altra parte. Quando non lo sanno, oppure lo sanno ma non ci credono, e questo apre il campo a ben altri argomenti, ad esempio la credibilità di chi sta al vertice. Chiarire la direzione non è solo una questione di slogan o di fare qualche riunione con un bel power point, è più un lavoro quotidiano, implica il parlarne spesso senza timore di ripetersi e soprattutto il comportarsi concretamente in linea con quanto illustrato. Contano i fatti, la riprova che si va di là. L’innovazione, la qualità, lo sviluppo… quello che abbiamo detto di voler raggiungere è dimostrato dalle decisioni che prendiamo ogni giorno, dalle priorità che in concreto stiamo dando, il tempo che dedichiamo, da ciò che facciamo, in sostanza, più che quel che diciamo.
Sono direttrici molto ampie, non si può fare tutto e occorre scegliere. Magari alcuni aspetti sono già sviluppati nella vostra organizzazione, vanno già bene, cosa si può fare sugli altri?
Amo le parole, per le loro molteplici funzioni. Ci sono quelle che ti lasciano lividi e cicatrici, ma anche quelle che placano e attivano. Mi auguro che questa, la parola senso, vi possa accompagnare per un po’.
Amo le parole, la loro incredibile varietà, da quelle acuminate come un bisturi a quelle vaghe come una nebbia d’autunno. Alcune sono millefoglie, sommano vari strati di significato e vanno in diverse direzioni.
La parola senso è certamente multipla, la voce nel dizionario è lunga una pagina fitta (la foto vi da l’impatto visivo, il link è: http://www.treccani.it/vocabolario/senso/).
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