Noi umani, a parte santi, lama o guru, se facciamo qualcosa di buono ci sentiamo in credito.
Se compiamo una azione generosa vogliamo che questa sia vista, e ripagata, quanto meno in termini di gratitudine e preferibilmente con una azione reciproca. Mica siamo Babbo Natale, che scende dal camino quando tutti quanti dormono, lascia i doni e non si aspetta niente in cambio.
Una speciale categoria del sentirsi in credito è quella dell’aver rinunciato a una azione negativa, che data la situazione ci sarebbe stata. Invece di risponderti come meritavi sono stata zitta. Invece di sbuffare perché per l’ennesima volta non hai fatto questo o quello ci ho pensato io. Cose così. Rinunciamo e ci sentiamo in credito (o come diciamo in AT attacchiamo un bollino, tipo raccolta a punti e alla fine andremo a riscuotere il “premio”). È una categoria speciale perché è un credito per omissione, l’azione viene trattenuta. È abbastanza improbabile, a volte francamente impossibile, che l’altro se ne accorga. Già è difficile che noti se facciamo qualcosa di buono, molto difficile che noti che non facciamo qualcosa di cattivo. Invece noi umani, al di là di ogni logica, ci aspettiamo che l’altro ci ripaghi, saldando il debito con una azione reciproca. Ma va’.
Molto più sano, mi pare, trovare nel nostro stesso gesto la nostra ricompensa. Tipo: stamattina ho stirato due camicie, col caldo che fa. Invece di aspettarmi in cambio una gentilezza da mio figlio la mia ricompensa è che non ce le ho più in giro per casa. Se spezziamo il dare e avere, facciamo le cose perché servono e non perché vogliamo qualcosa in ritorno. Se rinunciamo a qualche ritorsione o reazione lo facciamo perché così stiamo tutti meglio, punto. L’altro ripagherà, forse, un domani, ma non mi importa, non tengo la contabilità. A casa, sul lavoro, una buona azione basta a se stessa.
Allora agire bene ha per fine una maggiore autostima e non il frustrante accumulo di ipotetici crediti. Serve a sentirci più generosi, piuttosto che pirla. Così eviteremo la rabbia accumulata che sfocerebbe senz’altro in una grande scena madre (e passeremmo, voilà, dalla parte del torto, ecco il pirla). Semplicemente, senza puntare alla santità.
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