Sopravvivere al vuoto

Dic 12, 2020 | Business Trail | 0 commenti

Noi umani siamo geneticamente predisposti a cooperare, sin da piccolissimi dimostriamo innate capacità alla collaborazione, oltre che al conflitto. E per tutta la vita anche ai più indipendenti serve un gruppo di riferimento, o meglio più di uno. Famiglia, amici, gente conosciuta per lo stesso sport o hobby, i colleghi di lavoro.

 Questo è ovviamente un periodo di mancanza, di vuoto dei gruppi. Il vuoto è visibile, nelle città, nelle piazze e negli edifici, negli uffici. Mangiare alla scrivania un panino dietro il plexiglas non è come andare con gli altri al bar.

In questo periodo ne vedo diverse. Ad esempio gruppi di lavoro che non esistevano, due o tre riunioni all’anno, ora si rinsaldano. Emergono le dinamiche, le difficoltà, ma anche la forza della condivisione. Gruppi già affiatati che proseguono a distanza e non si fanno mancare il supporto reciproco. A volte anche col mio aiuto, ho visto gruppi chiusi aprirsi e diventare interfunzionali, colmando le inutili barriere. E ho visto anche gruppi spaccarsi, va senza dire.

Non è una questione di fare qualche video meeting, per quanto la tecnologia sia fondamentale, in questo periodo più del solito. È un mix di incontri, progetti e obiettivi comuni, azioni portate avanti non più in solitudine, con tutti i mezzi di comunicazione. La presenza in remoto non è semplice, ma in fondo è solo un allargare le nostre abitudini.

Il gruppo, la comunità, come sopravvivenza, delle persone e delle aziende. Sopravvivenza materiale e mentale, il vuoto benefico quando è una eccezione diventa malato quando si estende a condizione. Forza allora. Andiamo a costruire e coltivare pazientemente legami e identificazione. Facciamo appello alla nostra capacità di saltarne fuori in qualche modo. Anche questa, lo sappiamo, è innata.

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